Sto pensando spesso a Jackie Robinson, in questi giorni. Sto pensando spesso a quel capolavoro di film, 42, diretto da Brian Helgeland. Sto pensando alla tenacia di quel ragazzo nero, primo
giocatore di colore nella Major League. E lui nella Major League ci è arrivato 75 anni fa, con i Brooklyn Dodgers, negli anni in cui la barriera razziale era ancora molto forte, negli States.
Settantacinque anni, una vita! Ma lui, il giovane Jackie, grazie alla sua tenacia ha fissato la sua giovinezza, ha consegnato ai posteri il suo modo di giocare a baseball, le sue caratteristiche,
le sue imprese.
Chiudo gli occhi, e vedo Jackie mentre con le braccia larghe, mentre muove le dita, è pronto a "rubare" dalla prima in seconda base. Sta attendendo solo che il lanciatore o il catcher sbaglino
qualcosa...
Chiudo gli occhi e vedo il nostro Filippo Lacchin, medesimi gesti, medesimo scatto felino, medesima furbizia. Apro gli occhi di scatto: si, è proprio Filippo, del Trento Baseball, che sta
giocando sul terreno del campo di Romano d'Ezzelino. E uno!
Richiudo gli occhi, ritorno al film, ritorno ai sacrifici di quel ragazzo che amava il baseball più della sua dignità, del suo orgoglio. Ed eccolo lì, pronto a battere con quel suo modo
inconfondibile. Come inconfondibile è quel rumore prodotto dalla mazza che va a beccare in pieno la palla e la spedisce lontano, lontano da casa base e dalle mani degli avversari.
Ed eccolo, dopo aver colpito la palla, che rimane quasi stupito del suo gesto...incitato dai compagni comincia a correre, sempre più veloce, verso la prima base. E ci arriva alla prima base,
saltellando, felice. Bravo Jackie!
Apro gli occhi ma...ma non è Jackie. È il nostro Giacomino, Giacomo Segalla...e gioisce, fuori, ma soprattutto dentro! Che bello, che soddisfazione!
Poi arriva il momento di correre in seconda base, di arrivarci. Salvo! Bravo un'altra volta!